“Irezumi”, nella lingua nostrana, significa “inserire inchiostro”. Se la traduzione non appare di per sé negativa, lo è invece nella pratica: l’irezumi infatti rappresenta l’antico tatuaggio punitivo giapponese, che trova le sue origini nel 400 d.C., e consisteva nel marchiare a vita chi aveva commesso dei crimini.
Era una pratica crudele ma efficace: chi veniva in tal modo “marchiato” entrava a far parte della classe sociale degli hinin (non umani) ed emarginato dalla società. Non potendo rimuovere il tatuaggio, il non umano era condannato a portare in bella vista il peso delle sue colpe per il resto della vita.
Era una pratica crudele ma efficace: chi veniva in tal modo “marchiato” entrava a far parte della classe sociale degli hinin (non umani) ed emarginato dalla società. Non potendo rimuovere il tatuaggio, il non umano era condannato a portare in bella vista il peso delle sue colpe per il resto della vita.
C’era chi provava a rimuoverlo con la moxa (composto creato con foglie di artemisia, messo poi a contatto con la pelle e fatto bruciare alle estremità, in modo da rilasciare lentamente calore), chi cercava di coprirlo o camuffarlo con altri tatuaggi.
All’epoca i lavori a contatto col sangue erano considerati disdicevoli, di conseguenza ad eseguire l’irezumi doveva essere esclusivamente un membro appartenente alla classe degli Eta (persone che vivevano ai margini della società, nemmeno considerata umane, alla stregua degli hinin).
Dopo aver eseguito la pratica, lo hinin veniva tenuto per tre giorni in una specie di ospizio per far sì che la ferita iniziasse a rimarginarsi, dopodiché era rilasciato, dando inizio alla sua nuova “non vita”.
L’irezumi assumeva varie forme a seconda della città in cui veniva praticato, ma in generale era rappresentato da un unico segno, solitamente una linea (applicata sul braccio o sulla fronte, a cui se ne aggiungevano altre in caso di recidive) o ideogrammi (per esempio, aventi i significati di “cane” o “cattivo”). Ecco alcuni irezumi in varie città/province:
All’epoca i lavori a contatto col sangue erano considerati disdicevoli, di conseguenza ad eseguire l’irezumi doveva essere esclusivamente un membro appartenente alla classe degli Eta (persone che vivevano ai margini della società, nemmeno considerata umane, alla stregua degli hinin).
Dopo aver eseguito la pratica, lo hinin veniva tenuto per tre giorni in una specie di ospizio per far sì che la ferita iniziasse a rimarginarsi, dopodiché era rilasciato, dando inizio alla sua nuova “non vita”.
L’irezumi assumeva varie forme a seconda della città in cui veniva praticato, ma in generale era rappresentato da un unico segno, solitamente una linea (applicata sul braccio o sulla fronte, a cui se ne aggiungevano altre in caso di recidive) o ideogrammi (per esempio, aventi i significati di “cane” o “cattivo”). Ecco alcuni irezumi in varie città/province:
Considerando che l’irezumi, intorno al 1700, soppiantò la tecnica dell’hanamisogi (amputazione di naso e orecchie), si può in un certo senso dire che i condannati erano in qualche modo fortunati. Tuttavia, la crudeltà dell’emarginazione sociale e il terrore esercitato dall’irezumi in bella vista, portarono i marchiati a riunirsi in gruppi e praticare ulteriori attività illecite, in un diabolico circolo vizioso.
Fu solo successivamente, con lo sviluppo di alcune città (Edo, Osaka e Kyoto) e degli scambi commerciali, che nacque una nuova cultura borghese dedita al piacere e alla cultura delle forme d’arte. In questo contesto iniziò lentamente ad inserirsi il tatuaggio “figurativo”, qualcosa che è inciso con volontà e ricerca di significato, diventando poi col tempo horimono… Per adesso la storia si ferma qui, ma se sei curioso di scoprire qualcosa in più sull’horimono e sapere il resto della storia, rimani aggiornato sui nostri canali social!
Se vuoi approfondire l'argomento ti consigliamo la lettura de "Il fiore nell'ombra. Percorsi attraverso il tatuaggio tradizionale giapponese" di Costanza Brogi.
Fu solo successivamente, con lo sviluppo di alcune città (Edo, Osaka e Kyoto) e degli scambi commerciali, che nacque una nuova cultura borghese dedita al piacere e alla cultura delle forme d’arte. In questo contesto iniziò lentamente ad inserirsi il tatuaggio “figurativo”, qualcosa che è inciso con volontà e ricerca di significato, diventando poi col tempo horimono… Per adesso la storia si ferma qui, ma se sei curioso di scoprire qualcosa in più sull’horimono e sapere il resto della storia, rimani aggiornato sui nostri canali social!
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